C’ERA UNA VOLTA GIBELLINA

Un cumulo di macerie e lacrime.

E’ questo tutto ciò che rimane della cittadina di Gibellina, al centro della regione del Belice, un’area compresa tra le province di Palermo, Trapani e Agrigento, colpita nella notte tra il 14 e il 15 Gennaio 1968 da due violente scosse di terremoto.

Voltare pagina. Bisogna fare. E fare presto. E grazie al potere delle idee questa storia ha un lieto fine.

LUDOVICO CORRAO E GIBELLINA NUOVA

Una intuizione geniale.
Ponendo al centro della Nuova Gibellina l’arte contemporanea, l’allora sindaco, Ludovico Corrao, reagisce alle avversità coinvolgendo nel progetto di riedificazione grandi nomi dell’arte e della architettura italiana.
Al suo appello rispondono prontamente nomi come Alberto Burri, Pietro Consagra, Mimmo Paladino, Franco Purini, Mimmo Rotella, Ludovico Quaroni, dando forma ad uno dei progetti più ambiziosi mai realizzati in Italia.

Il grande cretto di Albero Burri

«Quando andai a visitare il posto, in Sicilia, il paese nuovo era stato quasi ultimato ed era pieno di opere. Qui non ci faccio niente di sicuro, dissi subito, andiamo a vedere dove sorgeva il vecchio paese. Era quasi a venti chilometri. Una stradina tortuosa, bruciata dal sole, si snoda verso l’interno del trapanese fino a condurci, dopo chilometri di desolata assenza umana, ad un cumulo di ruderi. Ne rimasi veramente colpito. Mi veniva quasi da piangere e subito mi venne l’idea. […] Io farei così: compattiamo le macerie che tanto sono un problema per tutti, le armiamo per bene, e con il cemento facciamo un immenso cretto bianco, così che resti perenne ricordo di quest’avvenimento»

Ingresso al Belice

“A dare il benvenuto nella città d’arte voluta dal senatore Ludovico Corrao, è la Stella, un grandioso portale di acciaio inox (donato dalle acciaierie di Terni), progettato da Pietro Consagra nel 1981 come simbolo della rinascita dopo il terremoto, di tutta la Valle del Belice. Alta 26 metri, la stella, plurimillennario archetipo mistico, richiama i motivi delle luminarie che addobbano le feste di paese, ed è stata denominata dallo stesso autore “Ingresso al Belice”.

La chiesa madre

La chiesa fu progettata nel 1972 da Ludovico Quadroni, noto urbanista e architetto romano. Alla morte di Quaroni, i lavori furono affidati a Luisa Anversa e Giangiacomo D’Ardia.
Sebbene non ultimata, ha ricevuto il “certificato di qualità” della Regione Siciliana, il primo riconoscimento conferito a un’opera contemporanea, ed è stata dichiarata dalla Direzione generale per l’architettura e l’arte contemporanea “di importante interesse artistico, in quanto la modernità del linguaggio in essa utilizzato nel declinare il tema della memoria e del sacro ne fanno un’esperienza singolare nel panorama architettonico italiano”.
Il principale contrasto compositivo che regola la costruzione è quello tra il parallelepipedo e la sfera (che reinterpreta il motivo della cupola-abside di derivazione tanto cristiana quanto araba). La sfera simboleggia l’universo, la totalità, il Divino, mentre il parallelepipedo la perfezione umana.

Le montagne di sale

La Montagna di Sale di Mimmo Paladino nasce nel 1990 come scenografia de La sposa di Messina di Friedrich Schiller, diretta da Elio de Capitani e messa in scena a Gibellina. La montagna, fatta in cemento, vetroresina e pietrisco, fa da sfondo ai trenta cavalli realizzati in legno – animali ricorrenti nell’opera di Paladino.
L’opera sottolinea l’istinto dell’animale in un’esaltazione della forza e della passionalità. La Montagna di Sale venne duplicata ed esposta in Piazza del Plebiscito a Napoli, dove riscosse notevole successo.
Mimmo Paladino è un grande artista contemporaneo. Nato nel 1948, negli anni ’80 fu tra i principali esponenti della Transavanguardia, movimento teorizzato da Achille Bonito Oliva come reazione all’arte concettuale degli anni ’70. Oggi espone in tutti i maggiori centri internazionali di arte contemporanea (alcune sue opere si trovano al Museum of Modern Art di New York).